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mercoledì 17 marzo 2010

Diritto d'autore, Copyright e...RIPRODUZIONE RISERVATA

Prendendo spunto dal post precedente, non per il contenuto ma per il fatto di esser stato copiato e incollato per intero senza rispettare la dicitura "RIPRODUZIONE RISERVATA" (se infatti adesso controllate troverete solo l'incipit), su indicazione della signora Agresti svolgerò una piccola ricerca sulle regole del copyright e della diffusione di materiale altrui in iternet.

Partiamo con la definizione di diritto d'autore, (copyright nel diritto anglosassone) che è assai precedente all'esistenza della rete.

L'articolo 2575 del codice civile prevede che
"Tutte le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o l'espressione, formano oggetto del diritto d'autore

Aiutiamoci con un'analisi tratta da http://www.studiolegale-online.net/diritto_informatica_09.php,  un sito che offre consulenza legale gratuita su svariati temi, fra cui il nostro:

"Il diritto d'autore si acquista originariamente con la creazione dell'opera (...) quindi l'opera appartiene, come primo titolare, a chi ne è l'autore (art. 2576 c.c.). Egli ha il diritto di disporne (significa che può decidere di vendere o comunque alienare a qualcun altro i ricavi economici della sua opera  - pensate a una canzone! -NdR) per ciò che attiene l'utilizzazione economica.. (ma) ..non per la paternità, intesa come il diritto morale ad essere indicato quale autore dell'opera, che deve invece essere sempre riconosciuto al solo autore. Un esempio assai comune è quello che lega uno scrittore al suo editore. Lo scrittore è l'autore dell'opera letteraria (...) cede i propri diritti di utilizzazione economica ad un editore in cambio, normalmente, di una percentuale sugli incassi della vendita del libro. Anche se dovesse cedere tutti i diritti di utilizzazione economica, nessuno potrebbe togliergli il diritto ad essere riconosciuto quale padre dell'opera."

In soldoni tutto quello che produco sfruttando la mia testa e che lascia una traccia posso averlo assicurato come "mio" per sempre e contro chiunque volesse portarmelo via. Viene fatta la differenza fra "proprietà intellettuale" vera e propria da una parte, ed utilizzazione economica dall'altra: la prima rimane sempre al vero autore, la seconda può essere da lui ceduta a qualcun altro.

"(...) la tutela economica di un'opera dura sino a che sia trascorso il settantesimo anno dalla morte dell'autore (...)"
Questo significa che fino a 70 anni dalla nostra morte saranno i nostri eredi a guadagnare sul best-sellers che abbiamo scritto e a prendere decisioni al riguardo; dopo, chiunque potrà farne uso senza chiedere permessi e pagare alcunché.

La paternità di una mia creazione dunque mi appartiene per il semplice fatto che sono stata io a porla in essere e nessun altro, senza bisogno di un terzo che dica "Sì, è vero, è stata lei!"

In realtà, però, le cose sono più complicate:
senza un riconoscimento ufficiale da parte di una pubblica autorità (e quindi senza il pagamento di una tassa..) risulta piuttosto difficile dimostrare di fronte agli altri (centinaia di migliaia di altri) che sono io il vero autore di un'opera e non qualcun altro che afferma il contrario.

A questo proposito potrebbe raccontarci la sua Meucci, l'inventore del telefono. L'illustre, per una serie sfortunata di eventi (e fors'anche perché non fu tipo troppo sveglio..!;)) finì per consegnare i disegni del suo "telettrofono" all'American District Telegraph di New York due ore più tardi del collega Graham Bell, che - furbastro! - consegnò gli stessi disegni copiati da lui. Per più di un secolo nei paesi anglosassoni la paternità del telefono è stata attribuita a Bell e non a Meucci, tutto per il fatto che uno aveva pagato il brevetto poche ore prima dell'altro, e nonostante decine di documenti dimostrassero tutta un'altra storia (la vera versione dei fatti è stata rivendicata e riconosciuta dal governo degli Stati Uniti solo nel 2002, 113 anni dopo la morte dell'inventore).

Ecco dunque un buon motivo per pagare il copyright!

Nonostante la drammatica storia di Meucci sia vecchia di 127 anni, l'argomento della proprietà intellettuale e della sua tutela non è mai stato tanto serio e delicato come adesso che abbiamo la rete dove con un click puoi 'copiare e incollare' di tutto in pochi secondi.

La normativa vigente in tema di diritto d'autore è costituita principalmente da una legge del 1941, la 633,  come però sostanzialmente modificata e aggiornata all'era di internet da una molto più recente, la 248 del 2000.
Al riguardo riporto alcuni pezzi esplicativi di essa (sempre dal sito che vi ho sopra citato):

"(...) Veniamo ad analizzare nel dettaglio la tutela delle opere a seconda della loro natura.Testi, scritti, articoli, e-mail - Ogni forma di testo, anche breve, è tutelata dalla normativa sul diritto d'autore e non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti diversi), né tantomeno è possibile appropriarsi della sua paternità (...) "

Sembrerebbe impossibile diffondere anche una sola parola scritta da altri.  Sembrerebbe... ma guardate cosa recita il primo comma dell' art. 65 della legge 633/1941:

"Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato."

Dunque, nel caso specifico degli articoli di attualità (come quello che avevo copiato e incollato dal Corriere della Sera nel post precedente) la normativa permette di riprodurre per intero il brano, a patto di citare nomi e fonti. Questo però non è possibile quando l'autore esplicitamente lo vieta, e questo è proprio il caso della dicitura "RIPRODUZIONE RISERVATA" che il Corriere ed altri quotidiani che offrono una loro versione online pubblica e gratuita hanno deciso di apporre in coda a ciascun articolo dal 4 agosto del 2009.

1 commento:

Romina Agresti ha detto...

prova con la creative commons....